Ciò che si ammira spesso si rivela
meno utile di ciò che si disprezza;
ecco una breve storia a farne fede.
Dopo avere bevuto alla sorgente
indugiò il cervo presso le acque pure
e vi scorse allo specchio la sua immagine;
ammirò la selvetta delle corna,
censurò la secchezza delle zampe,
ma un rumore improvviso l'atterrì:
voci di cacciatori. Cominciò
la fuga, lieve corsa alla campagna,
che eluse i cani; poi lo ricevette
la selva, che ne imprigionò le corna;
la canea lo raggiunse a dilaniarlo.
Morendo pronunciò queste parole:
«O me infelice, troppo tardi intendo
come giovava ciò che disprezzavo,
come doleva quello ammiravo».
Laudatis utiliora quae contempseris,
saepe inveniri testis haec narratio est.
Ad fontem cervus, cum bibisset, restitit,
et in liquore vidit effigiem suam,
ibi dum famosa mirans laudat cornua
crurumque nimiam tenuitatem vituperat,
venantum subito vocibus conterritus,
per campum fugere coepit et cursu levi
canes elusit, silva tum excepit ferum;
in qua retentis inpeditus cornibus
laeerari coepit morsibus saevis canum.
Tum moriens edidisse vocem hanc dicitur:
«O me infelicem, qui nunc demum intellego,
utilia mihi quam fuerint quae despexeram,
et, quae laudaram, quantum luctus habuerint».
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