Chi perde il suo potere, anche il più vile
si prende gioco della sua rovina.
Tradito dalle forze e dall'età
il leone covava la sua fine.
A vendicarsi d'un'antica offesa
venne il cinghiale dal fulmineo dente;
poi venne il toro, e le sue corna ostili
scavarono in quel corpo di nemico;
l'asino vide i colpi non puniti
e gli sferrò il suo calcio nella fronte.
Il leone spirò. Ma prima disse:
«Amaro fu l'assalto di quei forti.
Ma dopo il tuo, viltà della natura,
mi sembra di morire anche due volte».
Quicumque amisit dignitatem pristinam,
ignavis etiam iocus est in casu gravi.
Defectus annis et desertus viribus
leo cum iaceret spiritum extremum trahens,
aper fulmineis spumans venit dentibus,
et vindicavit ictu veterem iniuriam.
infestis taurus mox confodit cornibus
hostile corpus. asinus, ut vidit ferum
inpune laedi, calcibus frontem extudit.
at ille exspirans «Fortis indigne tuli
mihi insultare: te. Naturae dedecus,
quod ferre certe cogor bis videor mori».
(3 novembre 2003)
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