L'aquila fece il nido sulla cima
della quercia; la gatta partorì
la covata in un cavo a mezzo tronco;
una scrofa selvatica depose
i suoi piccoli presso le radici.
Così il caso creò una convivenza;
fu la malizia, delittuosa e falsa,
a sovvertirla. La gatta salì
al nido alto dell'aquila e le disse:
«La rovina t'attende, e forse anche
me poveretta: vedi quel cinghiale
insidioso che tutti i giorni scava?
Si prepara ad abbattere la quercia
per poi sul piano uccidere con comodo
le nostre creature». Seminato
lo sgomento e il terrore, quatta quatta
si calò nella tana della scrofa
e disse: «Un grande pericolo minaccia
i tuoi piccoli. Appena sarai fuori
col tuo tenero gregge alla pastura,
l'aquila è pronta per portarli via».
Sparso il terrore pure in questo luogo
s'accoccolò al sicuro nel suo cavo.
Solo di notte usciva impercettibile,
rimpinzava se stessa e la sua prole,
poi tutto il giorno spiava dal chiuso
come chi fosse pieno di paura.
La paura impigrì sui rami l' aquila;
la paura del ratto imprigionò
il cinghiale e morirono di fame
con tutti i loro, offrendo alla nidiata
della gatta una ricca imbandigione.
Chi stoltamente crede, impari il male
che può ordire una lingua infida e doppia.
Aquila in sublimi quercu nidum fecerat;
feles, cavernam nancta in media, pepererat;
sus nemoris cultrix fetum ad imam posuerat.
Tum fortuitum feles contubernium
fraude et scelesta sic evertit malitia.
ad nidum scandit volucris: «Pernicies»
ait
«tibi paratur, forsan et miserae mihi.
Nam, fodere terram quod vides cotidie
aprum insidiosum, quercum vult everterere.
Ut nostram in plano facile progeniem opprimat».
Terrore offuso et perturbatis sensibus
derepit ad cubile saetosae suis;
«Magno» inquit «in periclo sunt nati tui.
Nam, simul exieris pastum cum tenero grege,
aquila est parata rapere porcellos tibi».
Hunc quoque timore postquam complevit locum,
dolosa tuta condidit sese cavo:
inde evagata noctu suspenso pede,
ubi esca sese explevit et prolem suam,
pavorem simulans prospicit toro die.
ruinam metuens aquila ramis desidet:
aper rapinam vitans non prodit foras.
Quid multa? inedia sunt consumpti cum suis,
felisque catulis largam praebuerunt dapem.
Quantum homo bilinguis saepe concinnet mali,
documentum habere hinc stulta credulitas potest.
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Fedro
(favolista latino, I sec. d.C.), Favole,
Liber Secundus, 37. Originale imitata da La Fontaine. |