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LA FAVOLA

Favola più recente | Per autore | Le poesie

CIÒ CHE SI È
PAVO AD IUNONEM DE VOCE SUA
di Fedro

Venne il pavone da Giunone, offeso
perché lui non aveva avuto il dono
del canto, come invece l'usignolo,
che se cantava tutti l'ammiravano:
lui se apriva la bocca lo irridevano.
La Dea per consolarlo gli diceva:
«Ma tu sei più avvenente, sei più grande,
il tuo collo ha una luce di smeraldo,
piume multicolori nella coda
se l'apri, s'incastonano di gemme».
«Ma la bellezza è muta: che mi serve
se basta un suono a vincermi?"» diceva.
«Il destino ad ognuno dà il suo ruolo.
Tu hai la bellezza, l'aquila la forza,
dell'usignolo è la melodia,
il corvo ha il dono della profezia,
la cornacchia conosce i tristi indizi,
e ogni animale è pago del suo dono.
Non aspirare a quello che non hai,
ne saresti deluso ed infelice.»

Pavo ad Iunonem venit, indigne ferens,
cantus luscinii quod sibi non tribuerit:
illum esse cunctis auribus mirabilem;
se derideri, simili ac vocem miserit.
tunc consolandi gratia dixit dea
«Sed forma vincis, vincis magnitudine;
nitor smaragdi collo praefulger tuo,
pictisque plumis gemmeam caudam explicas».
«Quo mi» inquit «mutam speciem si vincor sono?»
«Fatorum arbitrio partes sunt vobis datae;
tibi forma, vires aquilae, luscinio melos,
augurium corvo, laeva cornici omina,
omnesque propriis sunt contentae dotibus
noli adfectare quod tibi non est datum,
delusa ne spes ad querellam reccidat.»

 

Fedro (I sec. d.C.)

Fedro (favolista latino, I sec. d.C.), Favole, Liber Tertius, 61.

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