Un Gatto, che diceano il Mangialardo,
facea dei Topi un così gran macello,
e tanti nell'avello
n'avea sospinti e sbigottiti tanti,
che i pochi vivi ancora
non osavano il muso cacciar fuora.
Quatti nei buchi sen morian di fame,
tanta paura avean di quel, non gatto,
ma carnefice infame.
Un giorno tuttavia, colto il momento
che il gatto andò a far visita all'amante
e stette in alto tutta la giornata,
si radunano i Topi a parlamento.
Il presidente, ch'era una persona
di gran senno, propose, e parve bello
a tutti il suo consiglio,
che si attaccasse al gatto un campanello,
un campanel che suona
e dia l'avviso ai Topi di fuggire,
quando il nemico accenna di venire.
― Bravo, bene, benissimo! ― Ciascuno
approva la mozione.
Ma quando si trattò di sceglier quello
che attaccare doveva il campanello,
non si trovò nessuno.
O fossi matto... io no... fossi corbello...
Vedendo ch'era chiacchiera perduta,
il presidente leva la seduta.
Ho veduto qualche altro parlamento,
(non di topi) e qualche altra commissione
che venne alla precisa conclusione.
A ciarlar son bravi in cento,
ma diverso è ben l'affare
quando trattasi di fare.
(13 ottobre 2003)
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Jean
de la Fontaine (poeta francese, 1621-1685),
Favole, Libro II n. 2. Fonte Abstemius, I
topi che volevano appendere un sonaglio al collo del gatto. |