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«È la legge della domanda e
dell’offerta…» «Cosa vuoi farci, è il mercato!» Si stemperano quasi
sempre tra accenti di rassegnazione le invettive contro il costo
della vita, la precarietà del lavoro, l’esosità degli affitti, la
caduta libera degli stipendi. Come se le regole del libero scambio
fossero leggi di natura, come se gli eterni Princìpi dell’Economia
fossero più evidenti del malessere sociale, dell’impoverimento
vissuto sulla pelle. È la prova inconfutabile che, morte le
ideologie e tramontato il primato della politica, in questo XXI
secolo malato di disincanto l’Economia è l’unico mito cui le
coscienze ancora si inchinano. E i miti, nelle società ancestrali
come nell’era postmoderna, spesso attecchiscono sull’ignoranza. Per
Bernard Maris, economista eterodosso, non c’è altra spiegazione per
il timoroso ossequio universalmente riservato al dogma della
“crescita” (ma perché nessuno si chiede mai che cosa cresce?), per
la fede cieca nel ruolo provvidenziale di una “sana” concorrenza e
via fantasticando. Non c’è che un rimedio: armarsi di spirito
illuminista e confutare le pseudoleggi che gli economisti, per
dissimulare il contenuto ideologico delle proprie teorie rendendole
incomprensibili ai più, hanno avvolto in una fitta coltre di
equazioni e formule matematiche. Soprattutto ora che, dopo il
fallimento del socialismo reale e la crisi inesorabile del
welfare state, la dottrina neoliberista ha occupato militarmente
il suolo economico. Dietro alle apologie del commercio
internazionale e della globalizzazione, al “clima di fiducia” e alla
pace sociale invocati per dare stabilità ai mercati finanziari,
persino a indicatori economici apparentemente oggettivi come il
prodotto interno lordo o il disavanzo pubblico, c’è una verità
sconfortante che l’analisi di Maris porta allo scoperto. Maestri
nell’arte di giustificare a posteriori l’infondatezza delle proprie
previsioni, gli economisti “semplicemente non sanno”, come diceva
John Maynard Keynes: la sfera della produzione e del consumo è
soggetta a variabili storiche, sociali, geografiche e antropologiche
imponderabili che nessun modello economico può imbrigliare. Intenti
a compiacere i potenti lasciando credere di avere a cuore il
benessere di tutti, i sacerdoti del pensiero unico hanno in realtà
un unico pensiero: garantire lunga vita alla sola legge che
conoscono e riconoscono, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Ricardo, Heidegger, Jarry, Maupassant, Montesquieu, Baudrillard,
Orwell, Todd e molti altri: per comprovare le proprie accuse
all'economia contemporanea, Bernard Maris ha strutturato
un'antologia trasversale che raccoglie testi di filosofi,
economisti, sociologi e scrittori degli ultimi due secoli. |
L'autore:
Bernard Maris, di origine magrebina, scrittore e
giornalista, insegna Economia all’Institut d’Études Européennes di
Parigi ed è membro del consiglio scientifico di Attac. È
animatore della
rubrica economica della testata Charlie-Hebdo sotto lo pseudonimo di
Oncle Bernard, nonché militante nei Verdi. Tra i suoi diversi saggi
ricordiamo Lettera aperta ai guru dell’economia che ci prendono per
imbecilli (2000) e, con Philippe Labarde, O la borsa o la vita
(2001), entrambi pubblicati da Ponte alle Grazie. |