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Vincenzo, agronomo e scrittore,
è un uomo mite, quasi normale, è un attento osservatore della
natura, capace di perdere colpi a pallone distraendosi a rincorrere
il destino di una foglia trascinata dal vento. Trentasette anni, il
nostro Postiglione viaggia molto per lavoro, e da agronomo
ministeriale lo accompagna una passione perenne per la scrittura. E’
già autore di un romanzo, ma lo conoscono in pochi. Ora vorrebbe
scriverne un altro, una specie di inchiesta con un ritmo narrativo
più intenso. La moglie, Piera, è invece postulatrice della vita dei
santi.
Pascale coglie alla perfezione il dilemma di crescere in questa
società: «Qua tutto è una bugia». E il "qua" è quella parte d'Italia
degradata tra Roma e Caserta: luoghi simbolo dello sconcio edilizio
e ambientale, di campagne abbandonate, discariche abusive, depositi
di materiali di risulta e campi coltivati da extracomunitari.
«Dottò, certo io sono d'accordo con voi. Anzi
vi dirò di più: stamm' a livell' 'e zingari! […] simm' quattro
sfessati». Questa è l'amara constatazione di uno dei personaggi che
però non riesce proprio a rassegnarsi: «Qua o si rinnova o si muore.
O si rinnova o si muore».
All'inizio è un po' difficile entrare nel vivo della narrazione; si
è invece coinvolti di più nella parte centrale quando Postiglione
ragiona, discetta e filosofeggia. Lascia francamente
disorientati il finale: leggero e con qualche caduta di stile. |
L'autore:
Antonio Pascale è nato a Napoli ma vive e lavora a Roma. Il
suo primo libro, il reportage narrativo La città distratta, è
uscito nel 1999 presso L'Ancora del Mediterraneo. Nel 2003 è uscita la
raccolta La manutenzione degli affetti che ha vinto molti premi
letterari. Collabora alle pagine romane della Repubblica, il Riformista
e il Mattino. |