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"Non si pretenda di trovare
altro che la testimonianza di un militante." Con questa premessa,
Taibo introduce la sua raccolta di racconti e cronache per
quotidiani e periodici messicani. Diversi gli spunti: la
collaborazione tra studenti e operai per riorganizzare il sindacato
nelle fabbriche, episodi di corruzione, contestatori che mostrano i
genitali alle feste degli intellettuali, donne che si armano di
coltelli da cucina per attaccare sbirri a cavallo durante uno
sciopero, sparizioni in Nicaragua di fantomatici giornalisti... Una
visione corrosiva del Messico contemporaneo, immagini di un tassello
di storia misconosciuta che rivive nell'epica popolare della gente
comune.
Il libro è una raccolta di racconti sulle mobilitazioni operaie in
Messico negli anni `80, vissute in prima persona. Una piccola
fabbrica tessile, sessanta operaie accampate per evitare che il
padrone si porti via macchinari e giacenze. Non pagava i salari da
mesi e con la compiacenza dei sindacati gialli provoca uno sciopero
per non fallire e rubare ciò che poteva. Le donne si organizzano con
l'aiuto di pochi: collette per mantenersi, volantinaggi per fare
uscire dal buio la lotta, scontri con i crumiri e presidio
permanente per evitare una repressione che sarebbe stata la
ciliegina sulla beffa padronale. Dopo sei mesi riescono a mettere in
liquidazione il poco che c'era e a dividerlo tra loro. Tra
intimidazioni e sfiducia, la resistenza ha pagato.
«Sono personaggi - dice in una intervista Taibo II - che
nessuno raccontava. Condannati al disprezzo letterario, all'oblio
politico, all'oscurità. Sono cresciuto negli anni Sessanta, il
periodo della piccola borghesia illuminata, raccontata da Vargas
Llosa, Cortazar, Marquez che parlavano di classe media che si
ribellava, leggeva, filosofeggiava. Io stesso facevo parte di questo
gruppo. Ma ho passato dieci anni come organizzatore sindacale
nell'industria. E mi sono detto anche lì c'è epica, riscattiamola
questa epica operaia, aldilà del pamphlet stalinista, riscattiamo le
loro ricchezze, le loro miserie, il loro umorismo. La distanza, il
distacco mi danno il senso dell'umorismo per un ritratto
generazionale per cui provo rispetto. Studenti che improvvisamente
si sono messi in gioco con la polizia, le guardie armate dei padroni
o i sindacalisti gialli sempre addosso. Nel libro racconto tre o
quattro episodi in cui me la sono vista brutta e devo davvero la
vita a doña Eustolia e al suo coltello per le cipolle, manico corto
e lama lunghissima, brandito contro un sindacalista giallo che aveva
già alzato il cane della pistola.» |
L'autore:
Paco Ignacio Taibo II (1949) è nato in Spagna, a Gijón, e
dal 1958 vive a Città del Messico. Scrittore, giornalista, ex docente
universitario, è un autore di romanzi molto noto e amato anche nel
nostro paese. I lettori italiani hanno già conosciuto il detective
Hèctor Belascoaràn Shayne, protagonista di questo romanzo, attraverso le
prime quattro avventure: Giorni di battaglia, Qualche nuvola,
Il fantasma di Zapata e Niente lieto fine. Oltre la
raccolta di scritti Te li do io i Tropici. Altri romanzi di Taibo
sono: Rivoluzionario di passaggio, Ombre nell'ombra,
Sentendo che il campo di battaglia, Ma tu lo sai che è
impossibile, Eroi convocati (in La banda dei quattro)
e Ritornano le ombre. Per il Saggiatore ha pubblicato Senza
perdere la tenerezza (fortunatissima biografia di Ernesto Che
Guevara) e Arcangeli. |