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Fautori di una povertà rigorosa ed
evangelica, i francescani sono paradossalmente indotti, proprio da
questa scelta "scandalosa", a indagare tutte le forme della vita
economica che stanno tra povertà estrema e ricchezza eccessiva,
distinguendo tra proprietà, possesso temporaneo ed uso dei beni
economici. In che modo i cristiani devono fare un uso appropriato
dei beni terreni? Per rispondere a tale interrogativo molti
francescani, sin dal Duecento, scrivono sulla circolazione del
denaro, sulla formazione dei prezzi, sul contratto e sulle regole
del mercato, sottolineando l'importanza dell'investimento
socialmente produttivo contro la tesaurizzazione improduttiva. In
questo quadro la figura del mercante operoso, colui che sa far
fruttare lavorando e commerciando un capitale (di per sé privo di
valore), risulta positiva in quanto contribuisce alla crescita della
"felicità cittadina", mentre quella del proprietario terriero, del
castellano, dell'aristocratico che conserva per sé, tesaurizza e non
moltiplica la ricchezza, appare sterile e negativa. La riflessione
francescana si pone così all'origine, prima dell'etica protestante
studiata da Max Weber, di molta teoria economica europea e in
particolare dell'economia politica che considera le ricchezze di
coloro che formano la comunità civile una premessa fondamentale del
benessere collettivo.
Max Weber divenne celebre soprattutto
con il saggio L'etica protestante e lo spirito del capitalismo
che scrisse nel 1904. La tesi, divenuta presto celebre, avanza
l'ipotesi che il tratto specifico dell'occidente capitalistico
sarebbe da ricondurre all'influenza esercitata dall'etica
calvinistica. Diversamente dai cattolici, Weber dice infatti che i
protestanti avrebbero iniziato a cercare "nel mondo" - cioè
nell'attività economica - «il presagio del loro destino
nell'aldilà».
Le ricerche dell'autore di Ricchezza
francescana, partite come analisi della trattatistica francescana sulle transazioni economiche e la contrattualistica del XIII-XIV secolo, si sono sviluppate, dal 1980
come studio dei nessi che legano l'evoluzione della teoria e pratica
economica cristiana basso-medievale con la realtà culturale e
finanziaria ebraica nello stesso periodo.
Un'altra scoperta degli storici del Medioevo è che persino il gioco
d’azzardo, nelle analisi dei teologi francescani, fu volto in bene e
aprì la strada alle moderne concezioni economiche del rischio. Lo
studioso che ha compiuto questa scoperta esponendola in un
documentatissimo libro è Giovanni Ceccarelli, professore alle
università di Venezia e Padova, discepolo a sua volta di Giacomo
Todeschini.
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