Gli esili fumi che
sbocciavano sulle ciminiere
erano i fiori nati dal nostro lavoro, dalla nostra carne.
Dalle terrazze ci guardavano le donne,
i volti rossi dalle fiamme dei forni,
il lavoro ci cresceva tra le mani
come la messe dalla terra,
ci avvampava il cuore di giovinezza.
Nei declinanti autunni la pioggia rivelava
sotto la carne nera la nostra innocenza, la nostra
stanchezza
filoni di un nuovo tesoro.
Gli alberi si piegavano, incantata fiumana
da una mano che ghiacciava l'aria
e sui monti stendeva la disperazione,
a piangere sui nostri capi scarruffati.
Tremava il poco denaro nelle tasche,
si pensava all'odore del pane, al riso dei figli:
sulla strada gelata nascevano
pei nostri occhi.
La nostra sapienza era il lavoro.
(settembre-ottobre 1934)
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Piero Bigongiari
(poeta italiano, 1914-1997)
Nato a Navacchio (Pisa), Bigongiari è stato una delle voci più
alte del panorama letterario del Novecento. Laureatosi nel 1936
con una tesi su Leopardi, entra subito in fervido dialogo con l'ermestismo
fiorentino di Mario Luzi e Alberto Macrì e collaborando a varie
riviste tra cui Campo di Marte e Letteratura. Le sue
prime raccolte di poesie, maturate in questo clima sono La
figlia di Babilonia, Rogo e Il corvo bianco.
Nel 1993 viene pubblicato un poemetto inedito dal titolo
Geometria, in cui esprime l'antitesi tra geometria intemporale
e lamento. |