Non puoi cambiarti, ma
almeno cambia ditta,
Il posto di lavoro è più che una metà
(Inutilmente resisti) della tua anima:
E quante cose per te cambieranno!
Avranno altri volti e strade le tue mattine,
T'illuderai quasi di aver cambiato città,
Di avere davanti una vita. Un nuovo gergo
Imparerai nelle file dei nuovi conservi:
Ti ci vorranno due mesi per scoprirlo banale.
E poi nuovi padroni, nuove regioni dei tuoi nervi
In evidenza agli uffici del personale,
Nuovi prodotti e una nuova misura
Di quel che è bene e male ― ed
infine te stesso
Di cui tutti diranno che sei nuovo.
Annuncerai ai lontani la tua novità:
«Questa mia è per dirti che adesso mi
trovo...»
Da
La vita in versi (1965)
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Giovanni Giudici
(poeta e saggista italiano, 1924)
Spezzino di Le Grazie, Giovanni Giudici ha vissuto a lungo a Roma,
Ivrea, Torino e Milano. Ha lavorato fino al 1980 per la pubblicità
della Olivetti, e ha svolto parallelamente attività di saggista e
giornalista culturale.
Sin dai suoi primi libri ha organizzato una propria originaria
tematica intimistica, crepuscolare o pseudo-montaliana, estranea
al filone ermetico della poesia italiana del '900, descrivendo la
condizione dell'uomo contemporaneo nelle quotidiane frustrazioni e
nelle cose minute di ogni giorno. Le sue principali raccolte dì
poesia, oltre La vita in versi del 1965 e da cui è tratta
Cambiare ditta, sono Autobiologia, O Beatrice,
Il male dei creditori, Il ristorante dei morti,
Lume dei tuoi misteri, Quanto spera di campare Giovanni,
Empie stelle ed Eresia della sera. Molte le sue
traduzioni, fra cui si segnala quella dell'Evgenij Onegin
di Puskin, e le raccolte di alcuni dei maggiori poeti
statunitensi, come il geniale Wallace Stevens e il solitario
Robert Frost. |