Ho cantato il quieto
Achille, figlio di Afolabe,
che non è mai salito in un ascensore,
che non aveva passaporto, perché l'orizzonte non lo
richiede,
che mai mendicò né prese in prestito, e non fu cameriere di
nessuno,
la cui fine, quando verrà, sarà una morte per acqua
(non è cosa per questo libro, che resterà a lui sconosciuto
e non letto). Ho cantato la sola strage
che gli portò gioia, figlia della necessità: quella
della pesca, ho cantato i solchi della sua schiena al sole.
Ho cantato la nostra vasta nazione, il Mar dei Caraibi.
Odiava le scarpe, le suole erano crepate come una pietra,
era gentile con le scotte, aveva un solo bel vestito,
lui che nessun uomo osava insultare e che non insultava
nessuno,
il cui vasto sorriso era un bianco frangente crestato, ma il
cipiglio
era una montante massa di nubi, il suo pugno di ferro
mi farebbe maggior onore se sorreggesse le maniglie
della mia bara che non il mio alzando il suo feretro,
quando le due ancore verranno calate in quest'isola.
[…]
---ooOoo---
I sang of quiet
Achille, Afolabe' s son,
who never ascended in an elevator,
who had no passport, since the horizon needs none,
never begged nor borrowed, was nobody's waiter,
whose end, when it comes, will be a death by water
(which is not for this book, which will remain unknown
and unread by him). I sang the only slaughter
that brought him delight, and that from necessity
of fish, sang the channels of his back in the sun.
I sang our wide country, the Caribbean Sea.
Who hated shoes, whose soles were as cracked as a stone,
who was gentle with ropes, who had one suit alone,
whom no man dared insult and who insulted no one,
whose grin was a white breaker cresting, but whose frown
was a growing thunderhead, whose fist of iron
would do me a greater honour if it held on
to my casket' s oarlocks than mine lifting his own
when both anchors are lowered in the one island.
[…]
Da Omeros, Capitolo
LXIV
(Traduzione di A. Molesini)
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Derek Walcott
(poeta di Saint Lucia, 1930)
Figlio di un pittore e di una insegnante, da giovane si è dedicato
alla pittura e studiato teatro a New York. Dopo vari lavori
(attore, insegnante, giornalista) ha tenuto per anni la cattedra
di poesia dell'Università di Boston.
Fisico massiccio da lottatore, sguardo ironico, gusto per la
battuta e occhi piccoli azzurro cielo incastonati in un volto
spigoloso e mulatto segnato dal sole dei Caraibi, Walcott è l'uomo
che ha colto e vinto la sfida di raccontare i suoi Caraibi, e non
solo. La sua poesia - infatti - è caratterizzata anche dalla
memoria dell'infanzia, dalla violenza della storia e dalle
difficoltà politiche delle società post-coloniali. Premio Nobel
nel 1992, la sua opera più importante è il poema Omeros:
libro di interferenze e di incroci di oltre 8000 versi che non ha
nulla a che fare con i poemi omerici; l'idea originaria dell'opera
ha a che fare invece con Saint Lucia, l'isola dove è nato che i
pescatori hanno soprannominata Elena di Troia per via del fatto
che è stata a più riprese conquistata e persa da inglesi e
francesi. Da questo elemento il poeta è partito, per poi
sconfinare in atmosfere dantesche. |