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La
scuola dei manager? In trincea, inserito nella rubrica Weekend senza tregua dell’ultimo numero del
Venerdì
di Repubblica
- ci ha aggiornati sull’ultima frontiera dei
corsi di formazione denominati Softair Training: giocare a
fare la guerra. I manager, indossando tuta mimetica, scarponi ed
imbracciando pesanti fucili, si devono lanciare in improbabili
avventure su un finto campo di battaglia per apprendere rudimenti su
come meglio guidare un’azienda.
Anziché trastullarsi su
una comoda poltroncina nel chiuso condizionato di un’aula, i
nostri si costringono a faticare, sudare e nebulizzare le scariche
di adrenalina su accidentati percorsi di guerra, trascinando con
fatica il grasso esploso impietosamente nei lunghi periodi passati
alla scrivania. Il Softair Training – dice la Dal Maso
citando il consulente aziendale Massimiliano Marcaccini – è
l’ultima nata tra le strategie di formazione per manager, e si
ispira all’addestramento militare e alla filosofia dell’Outward
Bound di Kurth Hahn. Tale termine - perso il suo significato
iniziale di “nave che lascia il porto” - viene usato adesso dai
teorici della formazione per indicare un qualsiasi territorio
avverso.
«In mimetica ho capito:
l’unione fa la forza», testimonia un
manager che, seppure inizialmente riluttante perché
antimilitarista, si è dichiarato entusiasta degli insegnamenti
ricavati. «Si» -. aggiunge - «la guerra ti costringe a
cambiare modo di ragionare. A tirare fuori tutte le tue energie,
fisiche e mentali, anche quelle che non credevi di avere».
Non sappiamo se prima di imbracciare un fucile sia stato prevista
anche una sessione di addestramento teorico indoor sulla
strategia militare; dovrebbe essere propedeutica a nostro avviso. Già
immaginiamo pettoruti generali in servizio o in pensione che
dissertano sul pensiero strategico di Karl von Clausewitz o – con
maggiori probabilità visto che von Clausewitz si ritiene superato -
dell’Arte della guerra del filosofo-generale taoista
Sun
Tzu, vissuto in Cina dal V al IV secolo avanti Cristo e
contemporaneo di Platone.
E’ Sun Tzu – infatti - la star del momento. Tanto è vero che
Lucy Kellaway, giornalista del Financial Times e autrice del
bestseller Sense and Nonsense in the Office, degrada tutti i
moderni guru di management attribuendo i galloni di
precursorre al
filosofo cinese vissuto 2500 anni fa.
Una volta tanto - però - noi italiani abbiamo bruciato sul tempo
gli inglesi. Da anni Massimo D’Alema possiede e ne fa bella mostra
una copia del trattato in cinese scritta su canne di bambù, e
Franco Bermabé - attuale presidente della Biennale di Venezia - si
è dichiarato suo fan fin dal 1998.
Nel frattempo, è arrivato in libreria (che tempismo quando soffiano
forti venti di guerra) La vertigine della guerra: ultima
fatica di un romantico come Roger Callois che confessa di soggiacere
ancora al suo fascino (la guerra) e condivide la definizione che gli
diede Karl Otto: tremenda e fascinosa.
Non in contemporanea, come avrebbe voluto con le celebrazioni del
sessantesimo anniversario dell’epica battaglia di El Alamein - che
vide la sconfitta dell’armata italo-tedesca contro gli inglesi -
verrà proiettato nelle sale italiane l’ultima fatica di Enzo
Monteleone: El Alamein – La linea del fuoco. Nel film si
racconta, senza retorica, del sacrificio di soldati semplici e in
maggioranza di leva che seppero opporsi a un nemico molto più
forte, e che non trovarono né solidarietà dai loro alleati né
apprezzamento dalla parte avversa. A più di mezzo secolo di
distanza, però, due studiosi inglesi hanno ricostruito le tappe della campagna d’Africa
riconoscendo per la prima volta i dovuti meriti umani e militari
alle nostre truppe. Nel libro The Battle of Alamein: Turning
Point, World War II, gli autori John Bierman e Colin Smith
sfatano finalmente la nomea degli italiani sempre pronti alla
fuga.
Tornando al Softair Training, restiamo stupiti dalle
convinzioni che avevano i nostri antenati quando instaurarono la leva obbligatoria nell’Italia post-unitaria
proseguendo nella tradizione sabauda, mentre adesso i nostri
governanti la stanno smantellando. I nostri genitori ci consideravano
maturi solo a servizio militare assolto e solo dopo di questo ci ritenevano
pronti ad affrontare le difficoltà della vita. Senza saperlo,
molti di noi hanno scroccato alle casse dell’Erario un
corso di formazione che ora fior di consulenti offrono dietro lauto
compenso.
«Quando parliamo dei generali intendiamo discutere della saggezza,
della credibilità, della benevolenza, del coraggio e della
rettitudine morale dei comandanti», diceva Sun Tzu. Caratteristiche
- parafrasando Preston e Wise, autori
della Storia sociale della guerra - che
sicuramente riflettono la bontà o meno della società da cui i manager derivano. |