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Il titolo di questo articolo
è preso a prestito da un vecchio libro dell'antropologo francese Hugues de Varine che,
quando ancora non era stato coniato il termine globalizzazione,
aveva già analizzato le conseguenze di una attività umana sempre
più orientata all'economia ed alla crescita, e quindi ad una
massiccia discriminazione culturale. Ogni uomo - sosteneva de Varine
- deve poter continuare ad avere il diritto di praticare la
propria cultura e di accettare o rifiutare la cultura ufficiale; in
definitiva deve avere il diritto di poter fare la propria scelta
culturale. Robert Gessain, autore del libro Ammassalik, ou la
civilisation obligatoire - che aveva osservato gli effetti della
civilizzazione a distanza di trent'anni su una comunità di
eschimesi della costa orientale groenlandese - affermava che «la
nostra civiltà, che si proclama ufficialmente tollerante, benefica
verso gli altri, continua - nonostante tutti i suoi buoni propositi
- sulla via dell'incomprensione, del dispregio, della disistima, della
distruzione e dell'annientamento della cultura dei popoli minori».
L'educazione, diceva Jean-Jacques Rousseau, ci proviene dalla natura
o dagli uomini o dalle cose, e
conseguentemente la cultura - come la definiscono gli antropologi -
è l'insieme delle soluzioni trovate dall'uomo e dal gruppo per i
problemi sollevati dall'ambiente naturale e sociale specifico.
Sembrano cose ovvie; ma di solito la variabile culturale -
nell'ambito dell'impresa - è un'area non del tutto esplorata, anche
se spesso le crisi delle aziende traggono proprio origine dalle
loro
radici culturali. Come spiegare allora il successo di certe aziende
che conseguono brillanti risultati anche se è evidente la totale
distonia nella gestione delle variabili hard (struttura e
strategia) rispetto alle variabili soft (cultura d'impresa)?
La risposta sta, nonostante il degrado culturale in cui si trovano,
nel possibile vantaggio strategico (debolezza della concorrenza, vicinanza ai mercati,
nepotismo politico, condizioni sociali favorevoli) e tecnologico (conoscenza approfondita del
prodotto - anche non
tutelato da diritti di brevetto - ubicazione in distretti specializzati, ecc.). Ecco allora spiegato perché tanti manager osannati in certe
aziende, falliscono poi clamorosamente in altre. La presunzione li porta - prima ancora di capire la natura, gli uomini e le
soluzioni adottate - ad imporre sic et simpliciter i propri
metodi e la propria cultura alla nuova realtà. Le aziende più
solide - come ben sappiamo - non sono quelle che si affidano solamente alle variabili hard
ma anche e soprattutto su valori, atteggiamenti e comportamenti
condivisi, che hanno un sicuro effetto positivo sul
funzionamento della macchina organizzativa. Un esempio di rispetto della cultura degli altri ci viene da Sawdan,
Emiro
di Bari e personaggio centrale nel bel romanzo storico di Francesco Paolo Percoco
Il
fiore sulla muraglia1. Bari
è stato un esempio ante litteram di multiculturalità in
quanto governata, nella seconda metà dell'ottavo secolo, da
un Emirato islamico. A quell'epoca si trovarono a convivere per più
di trent'anni berberi, bizantini, longobardi, armeni, ebrei e
cristiani. Tuttavia i baresi, pur costretti alla rivolta contro i berberi
dopo il rapimento di Bianca Dottula - giovane rampolla dell'aristocrazia locale - per bocca
del cospiratore timorato di Dio Timoteo Gioannaci dovettero a malincuore ammettere che i
berberi si
erano dimostrati rispettosi della loro gente ad ogni livello durante
tutta l'occupazione. Così,
quando i musulmani ormai rassegnati stavano per abbandonare la città, Sawdan
alla testa del suo esercito in ritirata e «con
quel suo permanente sorriso d'ironia, bianco e lucente come una
corona di mandorle appena sbucciate», si «guardò per un attimo intorno,
accarezzò la criniera del cavallo e motteggiò con Abdellach, mentre una bellissima fanciulla, sorprendendo anche
l'Emiro, gli porgeva un fiore appena colto sulla muraglia e una
pesca precoce gialla e rossa raccolta e serbata fra i lattei e gonfi
seni, nel suo corpetto candido e pieghettato»2. Chi di noi non speri di ottenere, cambiando organizzazione, un così dolce
commiato? Tutti, ovviamente. Ma lo otterrà solo chi avrà saputo
dimostrare prima un sincero apprezzamento, senza malizia, verso la "fanciulla".
1Francesco
Paolo Percoco: Il fiore sulla muraglia - Sawdan l'Emiro di Bari.
Edizioni Palomar anno 2000 Collana Antiquam Matrem
2Ibidem |