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Plutarco di Cheronea,
scrittore e filosofo greco (45 ca.
- 124) |
3. Dal momento dunque che l'ascolto comporta per i giovani un grande
profitto, ma un non minore pericolo, credo sia bene riflettere
continuamente con se stessi e con altri, su questo tema. I più
invece, a quanto ci è dato vedere, sbagliano, perché si esercitano
nell'arte del dire prima di essersi impratichiti in quella di
ascoltare, e pensano che per pronunciare un discorso ci sia bisogno
di' studio e di esercizio, ma che dall' ascolto, invece possa trarre
profitto anche chi vi si accosta in modo improvvisato. Se è vero che
chi gioca a palla impara contem-poraneamente a lanciarla e a
riceverla, nell'uso della parola, invece, il saperla accogliere bene
precede il pronunciarla, allo stesso modo in cui concepimento e
gravidanza vengono prima del parto. I parti, e i travagli "di vento"
delle galline si dice diano origine a gusci imperfetti e privi di
vita: così realmente "di vento" è il discorso che esce da giovani
incapaci di ascoltare e disabituati a trarre profitto attraverso
l'udito, e
oscuro ed ignoto si disperde sotto le nubi.
Quando si travasa qualcosa, la gente inclina e ruota i
vasi perché
l'operazione riesca bene e non ci siano dispersioni, mentre quando
ascolta non impara a offrire se stessa a chi parla e a seguire
attentamente, perché non le sfugga nessuna affermazione utile. E
quel che è più ridicolo è che se incontrano uno che racconta d'un
banchetto, d'un corteo, d'un sogno o dell'alterco avuto con un
altro, restano ad ascoltarlo in silenzio e insistono per saperne di
più; ma se uno li tira da parte e vuoI dare loro un insegnamento
utile, spronarli a qualche dovere, redarguirli in caso di errore o
addolcirli quando sono irritati, non lo sopportano e, se ne hanno la
possibilità, si sforzano d'averla vinta e si mettono a controbattere
le sue parole o, se proprio. non ce la fanno, lo piantano in asso. e
vanno alla ricerca di altri insulsi discorsi, riempiendosi le
orecchie, quasi fossero vasi difettosi e incrinati, di qualunque
cosa piuttosto che di ciò di cui hanno bisogno. I bravi allevatori
rendono sensibile al morso la bocca dei cavalli; così i bravi
educatori rendono sensibili alle parole le orecchie dei ragazzi
insegnando loro non a parlare molto, ma ad ascoltare molto. Nel
tessere gli elogi di Epaminonda, Spintaro diceva che non era facile
incontrare uno che sapesse di più e che parlasse di meno. E la
Natura, si dice, ha dato a ciascuno di noi due orecchie ma una
lingua sola perché siamo tenuti ad ascoltare più che a parlare.
[…]
8. Perciò bisogna eliminare
dallo stile ogni eccesso e vacuità, mirando esclusivamente al frutto
e prendendo a modello le api e non le tessitrici di ghirlande,
perché .queste, preoccupandosi solo delle fronde fiorite e
profumate,
intrecciano e intessono una composizione soave, è vero, ma effimera
e infruttuosa, mentre le api, pur volando in continuazione su prati
di rose, di viole e di giacinti, vanno a .posarsi sul timo, la più
acre e pungente delle piante, e vi si fermano
al biondo miele pensando;
poi, attinto qualcosa di utile, volano via all'opera loro. Così
l'ascoltatore fine e puro deve lasciar perdere le parole fiorite .e
delicate e pensare che gli argomenti teatrali e spettacolari sono
solo "pastura di fuchi" sofisticheggianti, e immergersi invece con
la concentrazione fino a cogliere il senso profondo del discorso e
la reale disposizione d'animo di chi parla, per ricavarne ciò che è
utile e giovevole, rammentando a se stesso che non è andato a teatro
o in un odeon, ma in una scuola o in un aula, per raddrizzare 14
propria, vita con la parola. Ne consegue. la necessità d'esaminare e
giudicare l'ascolto partendo da se stessi e dal proprio stato
d'animo., valutando se qualche passione sia divenuta più debole,
qualche fastidio più leggero, se si siano rinsaldate in noi
determinazione e volontà, se sentiamo in cuor nostro entusiasmo per
la virtù e per il bene. Non ha senso, quando ci si alza dalla sedia
del barbiere, guardarsi allo specchio e passarsi la mano sul capo,
esaminando il taglio dei capelli e "la nuova pettinatura, e invece,
all'uscita da un ascolto e dalla scuola, non guardare subito dentro
se stessi, per constatare se l'anima abbia deposto qualche peso
soverchio e superfluo e sia divenuta più leggera e più dolce. "Se un
bagno o un discorso non purificano" dice Aristone "non hanno alcuna
utilità!" […]
14. Altri pensano che chi parla abbia dei doveri da assolvere e chi
ascolta, invece, nessuno; pretendono che quello si presenti dopo
aver meditato ed èssersi preparato con cura, mentre loro
invadono la sala liberi da ogni pensiero e riflessione, e prendono
posto esattamente come se andassero a un banchetto, a spassarsela mentre altri faticano. Eppure, se perfino un bravo
convitato ha dei doveri da assolvere, molti di più ne ha chi
ascolta, perché é coinvolto nel discorso ed é chiamato a cooperare
con chi parla, e non é giusto che stia a esaminarne con severità le
stonature e a vagliarne criticamente ogni parola e ogni gesto,
mentre lui, senza doverne rispondere, s'abbandona per tutta la durata
dell' ascolto a un contegno scomposto e variamente scorretto.
Quando si gioca a palla le mosse di chi riceve devono essere in
sintonia con quelle di chi lancia: così in un discorso, c'è
sintonia tra chi parla e chi ascolta se entrambi sono attenti ai
loro doveri. […]
Plutarco di Cheronea |