|
Buddha
(563 ca. - 483 a.C.) |
Siddhấrta
(«Colui che ha raggiunto lo scopo»)
detto anche Gautama («il discendente
di Gotama»), nasce da Suddhodana,
principe guerriero, in una cittadina a duecento chilometri da
Benares sul confine nepalese. Il termine Buddha, che significa
letteralmente «Svegliato»,
«Illuminato», si riferisce non solo alla
persona storica nota con questo nome, ma indica anche una serie si
esseri umani superiori che hanno il compito di rivelare ad ogni
grande ciclo storico il
Dharma: la dottrina salvatrice. Buddha è
contemporaneo dei cinesi Confucio e Lao Tzu, e in Occidente di
Pitagora, Eraclito di Efeso e degli Eleati; tutti portatori di una
nuova visione del mondo fondata non più sul pensiero
mistico-intuitivo ma su quello logico. L'apparizione del buddhismo
costituisce, pertanto, una tappa fondamentale nell'evoluzione
dello spirito umano, in quanto adatta al pensiero puramente logico
ed umano la più grande avventura dello spirito.
Gli aforismi sullo stolto (Bấla-Vagga)
e sul saggio (Pandita-Vagga), sono tratti dal
Dharma-pada (I versetti della legge), l'opera che rispecchia più
fedelmente il nocciolo della disciplina buddhista: il controllo
della mente e l'assoggettamento del flusso dei pensieri alla
volontà cosciente. Con le sue 423 strofe, il Dhammapada
è ritenuto il cuore di tutte le meditazioni
filosofiche indiane, e la sua conoscenza mnemonica è ancora oggi
una delle prove a cui vengono sottoposti i novizi prima di
diventare monaci.
Luca Liguori
(16 febbraio 2004)
|
V. Bấla-Vagga
(Lo stolto)
60. Lunga è la notte per chi veglia, lungo è un miglio per chi è
stanco, lungo è il vivere-e-morire per
quegli sciocchi che ignorano la Buona Legge.
61. Il viaggiatore, se non incontra a tenergli compagnia uno
migliore di lui o simile a lui, proceda decisamente da solo: con lo
stolto non vi è compagnia.
62. «Questi figli sono miei, questa ricchezza è mia!», così
[pensando] lo stolto è travagliato. Ma se egli stesso non appartiene
a se stesso, quanto meno i figli, quanto meno la ricchezza!
63. Lo stolto che conosce la propria stoltezza è saggio almeno per
questo: lo sciocco che si ritiene un saggio, quegli veramente [è ciò
che] si chiama uno scemo!
64. Se anche per tutta la vita uno stolto si accompagnasse ad un
saggio non arriverebbe a conoscere la Buona Legge,
come il cucchiaio non conosce il sapore della zuppa.
65. Se anche un solo minuto l'intelligente si accompagna al saggio,
ben presto viene a conoscere la Buona Legge, come la lingua il
sapore della zuppa.
66. Gli sciocchi, privi di intendimento, vanno con se stessi come un
nemico, compiendo azioni cattive che portano [loro] frutti amari.
67. Non è un'azione ben fatta quella che, una volta compiuta,
cagiona pentimento, il cui compenso si
riceve con volto lacrimoso e pianto.
68. Ben fatta è quell'azione una volta compiuta la quale non ci si
pente, il cui compenso si riceve contenti e di buon animo.
69. Fintanto che il male compiuto non giunge a maturazione (= non dà
frutto) lo sciocco lo considera come se fosse miele, ma, quando esso
matura, allora lo sciocco soggiace al dolore.
70. Lascia pur che lo sciocco mangi il cibo mese per mese con la
punta di un filo di erba kuśa:
non vale egli sicuramente la sedicesima parte di quelli che si sono
perfezionati nella Buona Legge.
71. Non di certo la cattiva azione commessa si rapprende tutta d'un
tratto, come latte già fresco: bensì segue lo stolto, come fuoco che
cova sotto le ceneri.
72. E se [un giorno] la coscienza dello stolto si risveglia, gli
manda in rovina la sua buona fortuna, rompendogli il capo.
73. Continui pure [lo stolto] a desiderare una vana reputazione e la
precedenza fra i monaci, la padronanza sui monasteri e la
venerazione fra l'altra gente!
74. «Pensino che questo l'ho fatto io, sia i padri di famiglia che
coloro che hanno lasciato il mondo: mi siano pure soggetti in ogni
cosa, abbiano a fare ed a non fare!» Questo è ciò che lo stolto si
immagina, mentre crescono la cupidigia e l'orgoglio.
75. «Altra è la via che mena al guadagno, altra è quella che conduce
al Nibbấna.» Avendo riconosciuto
in questo modo, il monaco discepolo del Buddha non si compiaccia di
essere onorato: coltivi la solitudine.
VI. Pandita-Vagga (Il saggio)
76. Se vedi un uomo che ti indica ciò che va evitato, che ti
riprenda dai difetti, intelligente, segui questo saggio come se
fosse un rivelatore di tesori: per colui che coltiva una simile
persona viene il meglio, non il peggio.
.77. Ammonisca, impartisca ordini, faccia evitare ciò che è
improprio: costui diviene caro ai buoni, ai cattivi discaro.
78. Non si frequentino come amici i cattivi: non si frequenti la
génte vile. Si abbia dimestichezza coi buoni amici, si frequentino i
migliori fra gli uomini!
79. Chi si disseta con la Buona Legge vive a suo agio, con la mente
complètamente calma. Il Saggio sempre gioisce nella Legge resa nota
dagli Eletti.
80. L'acqua incanalano i fontanieri, gli armaioli piegano i dardi,
piegano il legno i falegnami, piegano se stessi i Saggi.
81. Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non
vacillano i Saggi in mezzo a biasimi e lodi.
82. Come un lago profondo, completamente calmo e trasparente,
altrettanto sereni divengono i Saggi, allorché hanno ascoltato [le
verità del]la Legge.
83. In ogni circostanza procedono eguali gli uomini dabbene; i buoni
non ciarlano perché desiderosi di piacere: toccati da gioia o da
dolore, i Saggi non mostrano mutamento.
84. Non per sé, né per altrui, [il Saggio] desideri figli,
ricchezza, dominio; non desideri la sua stessa prosperità mediante
l'ingiusto operare: allora egli sarà virtuoso, sapiente e retto.
85. Pochi sono fra gli uomini quegli esseri che toccano l'altra
sponda: tutta questa altra gente, invece, corre su e giù per la
spiaggia.
86. Coloro i quali, essendo stata loro ben spiegata la Legge,
diventano seguaci della Legge, costoro giungeranno all'altra riva,
[di là dal] regno della morte, per quanto sia difficile da
attraversare.
87. Avendo abbandonato la condizione oscura, permanga il Saggio in
quella chiara, lasci la casa per la non-casa, [là,] nella solitudine
ove non è piacere.
88. Ivi desideri il saggio la gioia eccelsa, avendo abbandonato il
piacere, nulla considerando come suo, purificando se stesso dai
turbamenti del pensiero.
89. Coloro il cui pensiero è ben concentrato sui [sette] elementi
della perfetta Illuminazione, che gioiscono del non ricevere nulla,
nella libertà dall'attaccamento, che hanno domato gli appetiti,
pieni di luce, costoro hanno raggiunto la Liberazione [pur vivendo]
in questo mondo.
Buddha |