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DIFFICOLTA' DI CONSEGUIRE IL GIUSTO MEZZO E REGOLE PER PERVENIRVI (Libro II, 9)

Indice III | II | I | Spotlights | Controcorrente

di ARISTOTELE

"La disposizione di mezzo è lodevole in tutti i casi, ma talora si deve propendere per l'eccesso, talora per il difetto: cosi infatti raggiungeremo facilmente il giusto mezzo e la perfezione."

 
Arisstotele (384-322 a.C.)

Aristotele
filosofo greco (384-322 a.C.)

Che la virtù etica è dunque una via di mezzo, e come lo è, e che è via di mezzo di due vizi, uno per eccesso, l'altro per difetto, e che è tale per il fatto di essere tendente al giusto mezzo che ha luogo nelle passioni e nelle azioni, è stato sufficientemente detto.
Perciò è faticoso esser virtuosi. Infatti è fatica prendere il mezzo in ogni cosa: ad esempio prendere il centro di un cerchio non è alla portata di tutti, ma di chi sa. Cosi è alla portata di tutti ed è cosa facile il montare in collera, il donare denaro, il fare spese; ma compiere queste cose con la persona e nella misura e quando ed al fine e come si deve, non è più alla portata di tutti né facile. Perciò la perfezione è cosa rara, lodevole e moralmente bella.
Per questo chi tende al giusto mezzo deve innanzitutto allontanarsi da ciò che più gli è contrario, come esorta Calipso:

«Fuori di questo fumo e di quest'onda guida la nave...»

Infatti, degli estremi, uno induce maggiormente a peccare, l'altro meno. Poiché dunque è quanto mai difficile cogliere il giusto mezzo, bisogna assumere, lungo il corso di una seconda navigazione, come dice il proverbio, i mali minori; e questo si realizzerà nella maniera più piena se agiremo nel modo che diciamo.
Inoltre si devono considerare le cose verso le quali anche noi siamo inclini (infatti alcuni per natura siamo inclini ad alcune cose, altri ad altre); questo ci sarà noto dal piacere e dal dolore che sorgono intorno a noi. E ci si deve portare con forza nella direzione opposta. Infatti allontanandoci molto dal peccare perverremo al giusto mezzo, come fanno coloro che raddrizzano i legni stortati.
In ogni. circostanza si deve stare il più possibile in guardia da ciò che è piacevole e dal piacere: infatti non lo valutiamo da giudici imparziali. Quindi ciò che gli anziani del popolo provavano verso Elena, anche noi dobbiamo provare verso il piacere e ripetere in tutte le circostanze la loro sentenza: così infatti, tenendolo lontano, peccheremo meno. Se dunque teniamo questa condotta, per esprimerci brevemente, saremo massimamente in grado di raggiungere il giusto mezzo.
Ma senza dubbio questo è difficile e soprattutto lo è nei casi particolari. Infatti non è facile determinare come e con quali persone e per quali cose e per quanto tempo si deve montare in collera. Anche noi infatti talora lodiamo coloro che lo fanno di meno di quanto si dovrebbe e li chiamiamo miti, talora lodiamo coloro che sono facilmente irascibili, dando loro l'appellativo di virili.
Ma chi esce di poco dalla perfezione non è biasimato, né se lo fa per eccesso né se lo fa per difetto; ma è biasimato chi vi esce di molto; questi infatti non passa inosservato.
Fino a che punto e in che misura sia biasimevole non è facile determinare col ragionamento; non lo è infatti neppure nessun'altra cosa che è oggetto dei sensi. Cose di questo genere rientrano nei particolari e il relativo giudizio cade nel dominio della sensazione.
Dunque la trattazione fin qui condotta mostra che la disposizione di mezzo è lodevole in tutti i casi, ma che talora si deve propendere per l'eccesso, talora per il difetto: cosi infatti raggiungeremo facilmente il giusto mezzo e la perfezione.  

Aristotele

Da: Etica Nicomachea (Libro II, 9), a cura di Marcello Zanatta. Biblioteca Universale Rizzoli.

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