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DIARIO DI OTTILIE
di J. Wolfgang Goethe

Indice III | II | I | Spotlights | Controcorrente

Prefazione

Johan Wolfgang von Goethe (1749-1832)

J. Wolfgang Goethe
(1749-1832)

Inizialmente vicino al movimento dello Sturm und Drang e al suo individualismo titanico, nella sua lunga esistenza Goethe sperimenta tutti i generi: la lirica, la tragedia ed il romanzo, lasciando in ognuno di essi una impronta incancellabile. L'autore comprende la Rivoluzione francese e la grande portata innovativa del Romanticismo, ma nei loro confronti conserva un atteggiamento di cauto distacco. E' del 1786 la svolta intellettuale che lo fa' passare dalla romantica tensione giovanile del titanismo passionale, ad un ideale intellettual-sentimentale "olimpico" e classico coincidente con un lungo viaggio in Italia a lungo vagheggiato. Nel 1808 pubblica la redazione definitiva della prima parte del Faust, opera drammatica ispirata ad una leggenda popolare, su cui Goethe lavora per tutta la vita e fino a pochi mesi dalla morte.
Il diario di Ottilie (57 aforismi) è tratto dalla raccolta di Massime e riflessioni di cui editore del testo critico è Max Hecker. Nella sua introduzione, Hecker definisce la massima «un'opera d'arte concentrata e compiuta, in cui può cercare espressione e trovare piena espressione una sola idea». Le Massime rappresentano il pensiero di Goethe e in esse, come dice Zeitler, è concentrata «la quintessenza della sua sensibilità e del suo pensiero». Con questa opera Gadamer lega Goethe come precursore di Nietzsche; un esempio di questa profonda fratellanza si sviluppa - per esempio - nel capitolo di Passare oltre nella terza parte di Così parlò Zarathustra. Goethe - tuttavia - mantiene verso la filosofia un distacco ed un'avversione riconducibile alla sua predilezione di poeta ed al desiderio di mantenere la sua arte libera dalla riflessione filosofica oggettiva e di verità metafisica. Sossio Giametta - traduttore ed autore della nota introduttiva per conto della BUR nell'edizione italiana - definisce le Massime e riflessioni un diario di lotta: «giacché esse indicano, in maniera tipica, tipizzata, le tappe da percorrere, le difficoltà da superare e i modi di superarle sulla via dell'elevazione morale». 
Luca Liguori (26 gennaio 2004)
 

Diario di Ottilie (1809)
1. Noi guardiamo così volentieri verso il futuro perché coi nostri taciti desideri vorremmo tanto volgere a nostro favore ciò che in esso c'è di vago e si muove di qua e di là.

2. Quando ci troviamo in folta compagnia è difficile non pensare che il caso, che mette insieme tanta gente, finirà col ricondurci anche i nostri amici.

3. Per quanto uno viva ritirato diventa, quando meno se lo aspetta, debitore o creditore.

4. Se incontriamo qualcuno che ci deve riconoscenza, ce ne ricordiamo subito. Quante volte possiamo invece incontrare qualcuno a cui dobbiamo riconoscenza senza pensarci!

S. Comunicare è natura; accogliere ciò che comunicano gli altri, così come è dato, è cultura.

6. Nessuno parlerebbe molto in società se sapesse quante volte fraintende gli altri.

7. Si alterano tanto, ripetendoli, i discorsi altrui, per la semplice ragione che non li si capisce.

8. Chi parla a lungo da solo davanti agli altri senza adulare gli ascoltatori, suscita avversione.

9. Ogni parola che si pronuncia suscita l'idea del contrario.

1O. Contraddizione e adulazione guastano entrambe la conversazione.

11. Le compagnie più piacevoli sono quelle fra i cui membri regna un sereno rispetto reciproco.

12. Niente rivela il carattere degli uomini più di ciò che essi trovano ridicolo.

13. Il ridicolo scaturisce da un contrasto etico fra cose che sono messe in collegamento in maniera innocua per i nostri sensi.

14. L'uomo del senso ride spesso quando non c'è niente da ridere. Ogni stimolo è buono per fargli venir fuori l'intima contentezza.

15. L'uomo dell'intelletto trova quasi tutto ridicolo, l'uomo della ragione quasi niente.

16. Un uomo d'età fu criticato perché faceva ancora la corte alle ragazze. «È l'unico mezzo per ringiovanire», egli rispose, «e ringiovanire vogliono tutti.»

17. Noi ci lasciamo rinfacciare i nostri difetti, ci lasciamo punire e sopportiamo con pazienza, per essi, tante cose; ma perdiamo ogni pazienza non appena si pretende da noi che ce ne sbarazziamo.

18. Certi difetti sono necessari per l'esistenza dell'individuo. A noi non farebbe piacere che dei vecchi amici perdessero certe loro peculiarità.

19. Si dice: «Morirà presto» quando uno fa qualcosa contro la sua natura e il suo costume.

20. Quali difetti possiamo tenerci e magari coltivare in 'noi'? Quelli da cui gli altri si sentono piuttosto lusingati che offesi.

21. Le passioni sono difetti o virtù, ma potenziati.

22. Le nostre passioni sono vere fenici. Come brucia la vecchia, subito dalle ceneri risorge la nuova.

23. Le grandi passioni sono malattie senza speranza. Proprio ciò che potrebbe guarirle le rende più che mai pericolose.

24. La passione si accresce o si attenua con la confessione. In niente sarebbe forse una via di mezzo più desiderabile che nel confidarsi e tacere con le persone che amiamo.

25. Nel mondo si prende ognuno per quel che vuoi essere; ma bisogna appunto che uno voglia essere qualcosa. Si sopportano le persone scomode più di quanto non si tollerino quelle insignificanti.

26. Alla società si può imporre tutto tranne ciò che ha una conseguenza.

27. Noi non conosciamo gli uomini quando essi vengono da noi, dobbiamo andare noi da loro per sapere come stiano le cose con loro.

28. Trovo quasi naturale che abbiamo da ridire su questo e quello a proposito di coloro che ci fanno visita; che subito, quando se ne sono andati, emettiamo su di loro dei giudizi che non sono i più amorevoli; perché abbiamo per così dire il diritto di misurarli col nostro metro. Anche uomini intelligenti e giusti si astengono raramente, in tali casi, dal pronunciare severe censure.

29. Se invece siamo stati noi dagli altri e li abbiamo visti nel loro ambiente, nelle loro abitudini, nella loro situazione necessaria e inevitabile, nell'azione che esercitano intorno a sé o nel loro modo di adattarsi, ci vuole stoltezza e per soprammercato cattiva volontà per trovare ridicolo ciò che in più di un senso dovrebbe sembrarci degno di rispetto.

30. Con ciò che noi chiamiamo contegno e buoni costumi si mira a ottenere ciò che altrimenti si può ottenere solo con la forza e forse neanche con quella.

31. I rapporti con le donne sono l'elemento dei buoni costumi.

32. Come può il carattere, l'individualità dell'uomo accordarsi con l'educazione?

33. L'individuale dovrebbe essere messo in rilievo proprio dall'educazione. Ciò che è significativo piace a tutti, purché non sia scomodo.

34. I maggiori vantaggi nella vita in genere come nella società sono quelli che ha un soldato colto.

35. I guerrieri rozzi almeno non escono dal loro carattere, e poiché dietro la forza si nasconde per lo più una certa bonarietà, al bisogno ci si può intendere anche con loro.

36. Nessuno è più fastidioso di un borghese goffo. Da lui si potrebbe pretendere la finezza, dal momento che non è tenuto a occuparsi di cose rozze.

37. La confidenza in luogo del rispetto è sempre ridicola. Nessuno si toglierebbe il cappello, subito dopo aver fatto l'inchino, se sapesse come ciò riesca comico.

38. Non c'è nessun segno esterno di cortesia che non abbia una ragione etica. L'educazione più giusta sarebbe quella che tramandasse insieme questo segno e la sua ragione.

39. Il contegno è uno specchio in cui ognuno mostra la propria immagine.

40. C'è una cortesia del cuore; essa è apparentata con l'amore. Da essa scaturisce la cortesia più naturale della condotta esterna.

41. La dipendenza volontaria è la condizione più bella, e come sarebbe essa possibile senza amore?

42. Non siamo mai tanto lontani dai nostri desideri come quando ci immaginiamo di possedere la cosa desiderata.

43. Nessuno è più schiavo di chi si ritiene libero senza esserlo.

44. Basta che uno si dichiari libero perché si senta subito condizionato. Se ha il coraggio di dichiararsi condizionato, si sente subito libero.

45. Contro la grande superiorità di un altro non c'è nessun mezzo di salvezza se non l'amore.

46. C'è qualcosa di terribile nel fatto che, dei meriti di un uomo superiore, si facciano belli gli stupidi.

47. Si dice che non ci sono eroi per i loro camerieri. Ma ciò avviene perché solo l'eroe sa riconoscere l'eroe. Il cameriere saprà magari giudicare i suoi simili.

48. Per la mediocrità non c'è consolazione maggiore del sapere che il genio non è immortale.

49. I più grandi uomini sono sempre uniti al loro secolo da una debolezza.

SO. Gli uomini sono di solito ritenuti più pericolosi di quanto non siano.

51. Gli stolti e i savi sono ugualmente innocui. Solo i mezzi matti e i mezzi savi sono veramente pericolosi.

52. Non si sfugge al mondo in modo più sicuro che con l'arte, e non ci si unisce ad esso in modo più sicuro che con l'arte.

53. Anche nel momento della massima felicità e della massima pena abbiamo bisogno dell'artista.

54. L'arte si occupa del difficile e del buono.

55. Veder trattare con facilità ciò che è difficile ci fa intuire l'impossibile.

56. Le difficoltà si fanno tanto più grandi quanto più ci si avvicina alla meta.

57. Seminare non è così faticoso come raccogliere.
 

Johan Wolfgang von Goethe

Fonti:
Massime e riflessioni di J. Wolfgang Goethe. Introduzione, traduzione  e note di Sossio Giametta - Biblioteca Universale Rizzoli, II edizione 2002.

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