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François
de la Rochefoucauld |
Uomo d'armi aduso alle
battaglie e al rumore degli archibugi e delle spade, François VI
duca de La Rochefoucauld (1613-1680) nasce a Parigi da una
famiglia di antica nobiltà. Scrive le Massime
― da cui abbiamo tratto La falsità ― quando è ormai un uomo
disilluso e sconfitto, e guarda gli eventi e le cose da lontano,
come se non gli appartenessero più. Ma il suo distacco è solo
apparente poiché i suoi scritti fanno trasparire tanta amarezza e
intensità di (controllate) emozioni. Tra gli autori che lo
influenzano figurano certamente Agostino ed Epicuro. La
Rochefoucauld si eleva sicuramente
dai grandi moralisti contemporanei francesi, ma non può certo competere con Blaise Pascal:
uomo che
attraversa territori molto più vasti di lui non solo nella filosofia e
nella scienza, ma anche nella teologia e nella spiritualità.
Voltaire ha giudicato le Massime come «uno dei libri che più
contribuirono a formare il gusto della nazione e a dargli uno
spirito di giustezza e di precisione (...). Tale piccola raccolta
fu letta avidamente; ci si abituò a pensare e a racchiudere il
proprio pensiero in una forma vivace, precisa, lieve. Era un
merito che nessuno prima di lui aveva avuto in Europa dopo la
rinascita delle lettere».
Per quanto riguarda la falsità, a Rochefoucauld si attribuisce la
convinzione che gli uomini non vivrebbero a lungo in società se
non si ingannassero reciprocamente. «La
falsità ― lui dice ― è universale perché le nostre qualità sono
incerte e confuse, e così pure le nostre opinioni: non vediamo le
cose come effettivamente sono, le stimiamo più o meno di quanto
valgono e non ci disponiamo in rapporto ad esse nel modo più
opportuno». Come Pascal, La Rochefoucauld ritiene l'onestà una
qualità interna all'uomo, ma che proprio per questo pone un dilemma: come
si fa a distinguere la vera onestà dalla falsa rappresentazione di
essa? La differenza tra le vere e le false persone oneste è
difficilmente percepibile dalla maggioranza della gente,
specialmente se non si ha la possibilità di prestare
attenzione al minimo indizio di insincerità (soprattutto non
verbale). |
La falsità
Si può essere falsi in vari modi. Ci sono uomini falsi che vogliono
sembrare sempre ciò che non sono. Ce ne sono altri, più in buona
fede, che sono nati falsi, sono i primi ad ingannarsi e non vedono
mai le cose come sono. Alcuni hanno la mente retta e falso il gusto.
Altri hanno falsa la mente e una certa rettitudine nel gusto. Alcuni
poi non hanno nulla di falso né nella mente, né nel gusto, ma sono
rarissimi, perché, in generale, non c'è quasi nessuno che non abbia
un po' di falsità in qualche aspetto dell'intelligenza o del gusto.
La falsità è così universale perché le nostre qualità sono incerte e
confuse, e così pure le nostre opinioni: non vediamo le cose come
effettivamente sono, le stimiamo più o meno di quanto valgono e non
ci disponiamo in rapporto ad esse nel modo più opportuno né per loro
né per la nostra condizione. Questo errore insinua un'infinità di
falsità nel gusto e nella mente: il nostro egoismo si lascia
lusingare da tutto ciò che ci si presenta sotto le parvenze del
bene; ma, essendoci molti tipi di beni che colpiscono la nostra
vanità o il nostro carattere, li seguiamo per abitudine o per
comodità, li seguiamo perché li seguono gli altri, senza considerare
che una stessa opinione non deve essere ugualmente abbracciata da
ogni genere di persone e che bisogna seguirla più o meno
assiduamente a seconda che sia più o meno conveniente per chi la
segue.
Si teme di mostrarsi falsi nel gusto ancor più che
nell'intelligenza. Le persone dabbene devono approvare senza
prevenzioni ciò che merita approvazione, seguire ciò che merita di
essere seguito e non piccarsi di nulla. Ma ci vuole una
straordinaria misura: bisogna saper distinguere ciò che è bene in
generale e ciò che ci è utile, e seguire con raziocinio la naturale
inclinazione che ci conduce verso le cose che ci piacciono. Se gli
uomini volessero eccellere soltanto per le proprie doti e
attenendosi ai loro doveri, non ci sarebbe nulla di falso nel loro
gusto e nella loro condotta; si mostrerebbero come sono,
giudicherebbero le cose col loro discernimento e le sceglierebbero a
ragion veduta; ci sarebbe una stretta connessione tra le loro
opinioni e le loro idee; il loro gusto sarebbe vero, autonomo e non
attinto dagli altri e vi si atterrebbero per libera scelta e non per
abitudine o per caso.
Se si è falsi quando si approva ciò che non merita approvazione, non
lo si è di meno, il più delle volte, quando ci si vuol far valere
per qualità che sono buone in sé, ma non si addicono a noi: un
magistrato è falso quando si picca di essere coraggioso, benché in
certe circostanze possa essere ardimentoso; deve mostrarsi deciso e
sicuro in una sedizione che ha diritto di sedare, senza temere di
essere falso, ma sarebbe falso e ridicolo se si battesse in duello.
Una donna può amare le scienze, ma non tutte le scienze le si
addicono sempre e la passione per certe scienze non le si addice mai
ed è sempre falsa.
Bisogna che siano la ragione e il buon senso a stabilire il valore
delle cose e a determinare il nostro gusto ad attribuir loro il
rango che meritano e che ci conviene loro attribuire; ma quasi tutti
gli uomini si sbagliano su questo valore e su questo rango, e c'è
sempre falsità in questo abbaglio.
I più grandi re sono quelli che s'ingannano più spesso: vogliono
superare gli altri uomini in valore, in sapere, in galanteria e in
mille altre qualità su cui tutti possono competere; ma, quando si
spinge troppo oltre, questo gusto di superare gli altri può essere
falso in sé. La loro emulazione deve avere un altro oggetto: devono
imitare Alessandro, che accettò di gareggiare alla corsa soltanto
contro dei re, e ricordarsi che devono competere soltanto sulle
qualità proprie della regalità. Per quanto valente possa essere un
re, per quanto saggio e spiritoso, troverà un'infinità di persone
che avranno queste stesse qualità quanto lui, e il desiderio di
superarle sembrerà sempre falso, e spesso gli riuscirà impossibile
realizzarlo; ma se si dedica ai suoi veri doveri, se è magnanimo, se
è un grande capitano e un grande politico, se è giusto, clemente e
generoso, se tratta bene i suoi sudditi, se ama la gloria e la
tranquillità del suo Stato, troverà soltanto dei re da vincere in
una così nobile gara e non ci sarà che verità e grandezza in un
progetto così giusto: il desiderio di superare gli altri non avrà
nulla di falso. Questa emulazione è degna di un re ed è la vera
gloria a cui deve aspirare.
François de La Rochefoucauld
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