Quelli che non conservano e
non richiamano il passato mediante la memoria, ma lo lasciano
svanire a poco a poco, di fatto si rendono giorno dopo giorno
poveri, vuoti e aggrappati al domani, come se gli eventi accaduti
l'anno prima, ieri l'altro o ieri non li riguardassero più e non
fossero per loro assolutamente mai accaduti.
Plutarco, De tranquillitate animi, 473 D-E |
La distinzione tra buono e malvagio passa anche attraverso parametri
temporali. Il buono è sempre presente a se stesso, integro in ogni
istante, anche mentre gode dei "ricordi delle cose compiute" e delle
"belle speranze di quelle future". La storia vissuta della sua vita
è resa coerente da una continuità temporale ed etica insieme.
Il malvagio ondeggia invece a causa delle fluttuazioni dell'animo.
Nei casi più gravi, è come squartato da desideri che lo spingono in
direzioni contrastanti. Il suo pentirsi non è sintomo di
ravvedimento, ma di ulteriore cattiveria. Si sottrae, insieme, a se
stesso e al suo passato, senza per questo riuscire a godere del
proprio futuro. Il suo io è effettivamente diviso e in inimicizia
con se stesso, perché ignora la natura della philautia o amor
proprio,
Nel più tardo linguaggio di Plutarco, che su questo punto rimane
assolutamente fedele allo spirito di Aristotele, un uomo del genere,
nel vedere "la propria vita priva di un sorriso, triste,
perennemente afflitta e oppressa dalle passioni più spiacevoli e da
molestie senza fine", non si procura respiro e non ascolta consigli.
Costui rifiuta pertanto di accogliere ogni ragionamento che gli
"consentirebbe di sopportare senza recriminazioni il presente, di
ricordare con riconoscenza il passato e di avanzare verso il futuro,
senza timore o sospetto, con lieta e luminosa speranza".
Diversamente dagli altri, solo l'uomo retto è capace di rimanere
fedele a se stesso in maniera intelligente, in quanto l'integrità
non è altro che presenza a sé, in ogni istante, di tutto se stesso,
tessuto connettivo dell'anima che stabilisce una continuità
ininterrotta tra passato e futuro. Il buono ricorda con gratitudine
il tempo trascorso e ne scorge il prolungamento nel presente, mentre
"nella maggior parte delle persone un oblio fatto di insensibilità e
di ingratitudine si impadronisce del loro passato e lo divora:
cancellando ogni azione, ogni successo, ogni momento piacevole di
svago, di compagnia, di gioia, tale oblio non consente alla vita di
diventare un tutt'uno, in cui il passato si intrecci con il
presente, ma, al contrario, come se l'uomo di ieri e l'uomo di
domani fossero diversi da quello di oggi, esso, separando nettamente
tutto ciò che ci accade, pone subito il passato nella condizione di
mai accaduto a causa della mancanza di ricordo".
Essere buoni non costituisce un atto supererogatorio, ma è la
condizione stessa della felicità e della pienezza dell'esistere:
"Quelli che non conservano e non richiamano il passato mediante la
memoria, ma lo lasciano svanire a poco a poco, di fatto si rendono
giorno dopo giorno poveri, vuoti e aggrappati al domani, come se gli
eventi accaduti l'anno prima, ieri l'altro o ieri non li
riguardassero più e non fossero per loro assolutamente mai
accaduti."
Remo Bodei |