Sacrificium intellectus. Sacrificio dell'intelligenza.
Saepius ventis agitatur ingens pinus. Più spesso viene agitato dai venti il grande pino. Orazio (Odi, II, 10) Allusione ai pericoli cui sono esposte le persone altolocate, che coprono cariche eminenti. Il passo completo è il seguente:"Saepius ventis agitatur ingens pinus et celsae gravare decidunt turres feriuntque summos fulgura montes".
Salus populi suprema lex esto. La salvezza del popolo deve essere la legge suprema. Cicerone (De Leg., IV) L’individuo deve scomparire quando si tratta del bene e dell’incolumità dello Stato.
Salus populi suprema lex esto. La salvezza del popolo sia legge suprema. Cicerone, De legibus Si usa come ammonimento a chi detiene il potere.
Salve magna parens frugum, saturnia tellus, magna virum… Salve terra di Saturno, grande genitrice di frutti e di uomini… Virgilio (Georgiche, II, 173) È il saluto del Poeta all’ Italia.
Sapiens fingit fortunam sibi. Il saggio si plasma la fortuna da solo. Plauto
Sat cito si sat bene. E' abbastanza presto, se è fatto abbastanza bene. Catone
Satis vixi, invictus enim morior. Ho vissuto abbastanza in quanto muoio non sconfitto Cornelio Nepote (Epaminonda, IX) È la celebre sentenza pronunciata da Epaminonda alla battaglia di Mantinea, quando, ferito gravemente da una lancia nemica, sapendo che sarebbe morto se avesse fatto estrarre il ferro micidiale, non volle farlo prima d’aver ricevuto la notizia che il suo esercito aveva vinto. Solo allora, pronunciata la tale frase, si fece togliere la lancia e morì dissanguato.
Sedet aeternumque sedebit. Siede e siederà in eterno. Virgilio (Eneide, VI, 617) Virgilio allude al supplizio dì Teseo che, sceso nell’ inferno per rapire Persefone, moglie di Ades, fu da questi condannato a sedere sopra un macigno dal quale non potè più rialzarsi. Ma la sentenza non ebbe il suo pieno effetto, perchè venne poi Ercole a liberarlo.
Semel abbas semper abbas. Chi è stato abate, rimane abate per sempre. Proverbio con cui si afferma il carattere incancellabile della consacrazione sacerdotale, per cui un sacerdote resta tale anche se lascia la veste e abiura la fede. Estens. Si usa in riferimento anche ad altre attività o professioni che lasciano un'impronta indelebile nel carattere di chi le esercita. Lett. "abate una volta, abate per sempre".
Semel in anno Iicet insanire. Una volta all'anno è lecito fare baldoria. Sentenza divenuta proverbiale nel Medioevo e usata, con leggere varianti, da vari autori: Seneca, Sant’Agostino, ecc. Orazio la fece propria nella sostanza cambiandone la forma: "Dulce est desipere in loco (Carm., IV, 13, 28)". (È cosa dolce ammattire a tempo opportuno).
Semel in anno licet insanire. Una volta l'anno è lecito impazzire.
Semper avarus eget. L'avaro è sempre nel bisogno. Orazio
Semper idem. Sempre lo stesso. Si usa specificamente in calce a una lettera, per affermare che nei confronti di una persona si provano sempre gli stessi sentimenti.
Senatores boni viri, Senatus mala bestia. Senatori brave persone, Senato bestia cattiva.
Senectus ipsa est loquacior: E' nella natura dei vecchi di essere più chiacchieroni.
Senectus ipsa est morbus. La vecchiaia stessa è una malattia. Terenzio
Senectus ipsa est morbus. La vecchiaia già di per sè è una malattia.
Senectus, quam ut adipiscantur omnes optant, eandem accusant adepti. La vecchiaia, che tutti si augurano di raggiungere, ma poi criticano dopo averla raggiunta. Cicerone
Seniores priores. Prima gli anziani.
Sequitur superbos victor a tergo Deus. Dio segue alle spalle i superbi. Seneca (Ercole fur., 386) Dio ha pronto il castigo per i superbi; prepara la loro umiliazione.
Servum pecus. Gregge servile. Orazio (Epist., I, 19) Parole con cui il Poeta stigmatizza i volgari imitatori di opere letterarie. Ma nell’uso comune si cita per bollare quella stirpe di adulatori, cortigiani e leccapiedi che fa consistere tutto il travaglio della propria vita nel lisciare gli altri.
Sesquipedalia verba. Parole di un piede e mezzo Orazio (Ars poetica, 97) Sesquipedalia verba: Parole di un piede e mezzo. (Orazio, Ars poetica, 97).Parole che riempiono la bocca. Si cita a proposito di certi oratori e conferenzieri che pare facciano un apposito studio per tirar fuori paroloni ad effetto, molte volte incomprensibili; in simili casi si potrebbe citare il motto: "Res non verba"( fatti, e non parole).
Si absis uspiam / aut ibi si cesses, evenire ea satius est / quae in te uxor dicit et quae in animo cogitat / irata quam illa quae parentes propitii. Se sei da qualche parte lontano e ritardi, è meglio che ti capiti ciò che dice contro di te e pensa in se stessa tua moglie irata che ciò che temono i tuoi affettuosi genitori. Terenzio
Si Deo pro nobis, quis contra nos? Se Dio è con noi chi ci ostacolerà?
Si fractus illibatur orbis impavidum ferient ruinae. Anche se il mondo cadesse a pezzi, le sue rovine mi colpirebbero impavido. Orazio (Odi, III, 3) Descrizione dell’uomo di carattere, tenace, di principii inossidabili, che non si piega davanti a difficoltà ed ostacoli.
Si mihi difficilis formam natura negavit, ingenio formae damna rependo meae. Se la natura matrigna mi ha negato la bellezza, con l'ingegno supplisco ai difetti della mia figura. Ovidio (Epist., XV, 31) Il distico è messo in bocca alla celebre poetessa greca Saffo, la più gentile di tutta l’antichità, dalla quale prese il nome l’Ode Saffica: con le sublimi doti dello spirito faceva dimenticare le deformità che la tradizione attribuisce al suo corpo
Si non caste autem caute. Se non puoi comportarti in modo casto, agisci almeno con cautela. Si usa per suggerire un comportamento riservato e cauto a chi, pur essendo tenuto dalla propria condizione a rispettare certi vincoli (ad esempio la castità) non può fare a meno di violarli.
Si parva licet componere magnis. Se è lecito paragonare le piccole cose alle grandi. Virgilio (Georgiche, IV, 176) Si usa quando, in una argomentazione, si introduce un paragone sproporzionato istituendo un parallelo con qualcosa di livello superiore. L'espressione è tratta da un passo delle Georgiche dove il lavoro delle api è paragonato a quello dei Ciclopi che preparano i fulmini.
Si quis non vult operari, nec manducet. Se uno non vuol lavorare, non mangi. San Paolo
Si tacuisses phiposophus manuisses. Se tu avessi tenuto la bocca chiusa, avrebbero continuato a considerarti un filosofo. Boezio
Si vir es Se sei un uomo.
Si vis amari, ama. Se vuoi essere amato, ama. Seneca
Si vis me fIere, flendum est primum ipsi tibi. Se vuoi che io pianga, devi piangere prima tu stesso. Orazio (Ars poetica, 102) Questi due versi esprimono la dote principale dell’attore drammatico e dello scrittore in genere che, se vogliono commuovere il pubblico o il lettore, devono essi stessi sentire per primi quanto vengono esponendo. Anche nelle opere d’arte non si ha mai un capolavoro, se l’artista non vi lascia una parte viva della propria anima.
Si vis pacem para bellum. Se vuoi la pace prepara la guerra. Vegezio Si usa per affermare che il modo migliore per evitare la guerra è mostrarsi forti e capaci di difendersi, così da dissuadere chi abbia intenzione offensiva.
Si vitam inspicias hominum, si denique mores, cum culpant alios: nemo sine crimine vivit. Se osservi la vita degli uomini, se osservi i loro costumi, quando incolpano altri: nessuno vive senza commettere colpe.
Sibi non cavere et aliis consilium dare stultum (est). Non provvedere a sè stessi e pretendere di dare consigli agli altri è cosa stolta. Fedro Morale della tavola: Il Passero e la Lepre. Il passero scherniva una lepre caduta fra gli artigli dell’aquila; ma, proprio in quell’ istante, un avvoltoio lo afferrò e lo uccise.
Sic stantibus rebus. Stando così le cose.
Sic transit gloria mundi. Così passa la gloria del mondo. (Imitazione di G. C., I, 3, 6).Queste parole vengono ripetute al Papa all’atto della sua elezione al trono pontificio, per ricordargli la caducità e vanità di tutti gli sfarzi terreni. Si cita a proposito di insuccessi seguiti a qualche trionfo, o per la morte di personaggi famosi. La sentenza è incisa come iscrizione anche su qualche tomba di uomini che in vita hanno avuto il loro quarto d’ ora di celebrità.
Sic vos non vobis. Voi, ma non per merito vostro. Si usa per indicare la frode di chi si appropria di meriti e compensi per un lavoro altrui. Lett. "così voi non per voi", parole ripetute all'inizio di quattro esametri che, secondo la tradizione, Virgilio compose per rivendicare la paternità di un distico encomiastico ad Augusto, che il poetucolo Batillo aveva spacciato per suo.
Sicut et in quantum. Così è quanto. Si usa come formula limitativa di quanto è stato precedentemente espresso per avvertire che una cosa è vera solo quando si verifichino determinati fatti o condizioni.
Silent... leges inter arma. Quando ci sono le armi le leggi tacciono. Cicerone
Similia similibus curantur. I simili si curano con i simili.
Sine causa. Senza motivo.
Sine die. Senza fissare il giorno Frase molto in uso nel linguaggio diplomatico: La seduta è rimandata sine die, cioè senza determinare il giorno in cui dovrà riconvocarsi. Molte volte questo termine equivale all’italiano: alle calende greche, per indicare una data che non verrà mai.
Sine ira et studio. Senza prevenzione e partigianeria. Tacito (Annali, I, 1) È la premessa che il grande storico mette a fondamento basilare delle sue narrazioni, affermando che non si lascerà trascinare nè da prevenzioni o rancori, nè da favoritismi verso questa o quella parte.
Sine pennis volare haud facile est. Non è facile volare senza ali.
Sine qua non. Condizione indispensabile. Abbr. di conditio sine qua non, "condizione senza la quale non".
Sint ut sunt aut non sint. Siano come sono o non siano. Risposta del Padre Ricci, generale dei Gesuiti, a chi gli proponeva di cambiare la loro Costituzione. In altre parole voleva dire: i Gesuiti o rimangono come furono creati da Sant’Ignazio, oppure è meglio che cessino di esistere. L’energica frase divenne celebre e si usa ripetere per cose od argomenti nei quali non si vuol introdurre alcuna modifica.
Sit tibi terra levis. La terra ti sia leggera. Formula augurale, spesso incisa sulle lapidi funerarie greche e latine.
Sit tibi terra levis. Ti sia la terra leggera. Equivale al saluto cristiano:" Requiescas in pace".
Sol omnibus lucet. Il sole splende per tutti. Petronio Nel senso figurato significa che tutti hanno diritto al loro raggio di Sole. Cioè che vi sono dei beni naturali comuni ad ogni individuo, dei quali non si può esser privati che con la prepotenza e l’ingiustizia.
Solamen miseris socios habuisse malorum. E' consolazione per i disgraziati aver avuto compagni di sventura.
Solent mendaces luere poenas malefici. I bugiardi sono soliti pagare per il male che fanno. Fedro Morale della favola: "La Pecora, il cane ed il lupo". Un cane chiedeva alla pecora la restituzione di un pane che diceva averle prestato. Il lupo, citato a testimonio, affermò che la pecora doveva non uno ma bensì dieci pani. La povera pecora pagò così quel che non aveva affatto ricevuto; ma dopo pochi giorni ebbe la soddisfazione di vedere il lupo preso in trappola.
Solet a despectis par referri gratia. I disprezzati spessono rendono pan per focaccia. Fedro È il primo verso della favola: "La Pantera e i pastori", che racconta della Pantera caduta nella fossa e lapidata dai contadini, mentre solo qualcuno, considerandola ormai votata alla morte, le getta un tozzo di pane. Sopravvenuta la notte, la Pantera riesce a fuggire e nei giorni seguenti fa strage dei suoi lapidatori, ma risparmia quelli che avevano avuto compassione dicendo loro:"Illis revertor hostis, qui me laeserunt"
Solve et repete. Paga e poi reclama.
Somnia ne cures, nam mens humana quod optat, dum vigilat sperat, per somnum cernit id ipsum. Non badare ai sogni: ciò che la mente umana desidera, quando è sveglia lo spera, nel sogno lo vede realizzato. Catone
Spes sibi quisque. Ciascuno sia speranza a sè stesso. Virgilio (Eneide, XI, 309) Confidi ciascuno unicamente nelle proprie forze, nei propri mezzi.
Spes ultima dea. La speranza è l'ultima a morire. Si usa per indicare che la speranza sopravvive anche dopo ripetute contrarietà e delusioni. Lett. "la Speranza (è) l'ultima dea"; l'espressione appartiene al tardo latino ma il concetto ad essa legato deriva da un'antichissima tradizione già presente nelle Opere e giorni di Esiodo (vv. 96 s.).
Spiritus ubi vult spirat. Lo spirito spira ove vuole. Spiritus ubi vult spirat: Lo spirito spira ove vuole.Cioè l’ ispirazione non è frutto degli sforzi dell’uomo, ma dono del Cielo. Lo conferma Orazio nell’ Ars poetica:"Tu nihil invita dices faciesve Minerva".
Sponte sua. Di sua volontà.
Stat sua cuique dies. Ognuno ha il suo giorno. Virgilio
Statu quo. Nella condizione in cui(si trova). È una locuzione d’uso frequente nel linguaggio diplomatico per alludere a quel complesso di circostanze e di condizioni in cui si trova una nazione, una città, una categoria di cittadini. Dal linguaggio diplomatico è passata all’uso comune e familiare, nel quale significa che una cosa rimane allo stato in cui si trovava prima.
Stude sapientiae. Ama lo studio. (Proverbi, XXIII, 30) È un monito della Sacra Scrittura, che si trova nel libro dei Proverbi, attribuito a Salomone. cercando di ricordare che lo studio dev’essere diretto non già al buon successo nella scuola, ma alla pratica della vita: "Non scholae, sed vitae discimus".
Studia adolescentiam alunt, senectutem oblectant. Gli studi alimentano la giovinezza e rallegrano la vecchiaia Cicerone (Pro Archia, VII, 16) Sentenza che, nella seconda parte, si può intendere in due modi: cioè sia che gli studi sono un conforto anche nell’età senile, sia che gli studi fatti in gioventù preparano una vecchiaia decorosa ed agiata.
Stulta credulitas. La sciocca credulità. Fedro
Stultitia maxime soror est malitiae. La stoltezza è soprattutto sorella della malvagità.
Stultitiam simulare loco prudentia summa est. Sii stupido, quando lo richiede la situazione stessa!
Stultorum incurata pudor malus ulcera celat. Gli sciocchi, nel loro stupido pudore, nascondono le piaghe senza curarle.
Stultorum infinitu est numerus. Il numero degli stolti è infinito. (Ecclesiaste, I, 15) È una delle sentenze di Salomone, che il Petrarca traduce alla lettera: "Infinita è la schiera degli sciocchi"
Stultum consilium non modo effectu caret, sed ad perniciem quoque mortales devocat. Un consiglio stolto, non solo non ottiene buoni risultati, ma porta gli uomini alla rovina. Fedro Questa morale si trova nella favola: I cani affamati.
Sua enim cuique prudentia deus est. Per ognuno la propria saggezza equivale all'aiuto di un dio.
Sub iugum miserunt. Li fecero passare sotto il giogo. Eutropio (Breviario, I, 9) Passare sotto il giogo era per i Romani la più grande umiliazione, che gettava un’ ombra di disonore su tutta la vita, come segno di sconfitta patita. La subirono, come narra Eutropio, i consoli T. Veturio e S. Postumio, con l’esercito romano, alle Forche Caudine (Gola di Montesarchio) per opera dei Sanniti. La frase si ripete per alludere a una qualche sconfitta.
Sub lege libertas. Sotto la legge, la libertà. Proverbio antico. La libertà deve essere moderata dalle leggi dello Stato, per non degenerare in licenza.
Successor est missus. Fu inviato il successore. Eutropio (Breviario, VI, 9) Mentre Lucullo, condottiero Romano, passando di vittoria in vittoria, preparava una spedizione contro i Persiani, fu sostituito da un altro generale. Ad episodi di questo tipo allude anche Virgilio con quel verso: "Carpent tua poma nepotes" che può essere tradotto: "Altri mieteranno dove tu hai seminato; altri mangeranno il frutto dei tuoi sudori".
Successus ad perniciem multos devocat. Il successo apre a molti la strada per la perdizione. Fedro È dimostrato con la favoletta di quel petulante che, tirato un sasso ad Esopo non solo si sentì rispondere "bravo" ma ebbe anche dallo stesso in premio una moneta. "Mi dispiace", aggiunse dispiaciuto il poeta, "di non aver altro, ma vedi quel ricco e potente signore che viene verso di noi? Tiragli una pietra e ne riceverai un premio". Infatti, a titolo di premio, quell' importuno venne crocifisso.
Successus improborum plures allicit. Il successo dei malvagi alletta molti. Fedro Fedro ricava questa morale dalla seguente favola: Un tale, attaccato da un cane furibondo, gli gettò un pane bagnato del suo sangue, che si riteneva essere in simili casi un rimedio infallibile. Ma Esopo gli disse: Per carità, non farti vedere dagli altri cani, perchè vedendo che questo è il premio che diamo loro, ci mangeranno vivi!
Sufficit diei malitia sua. A ciascun giorno basta la sua pena. San Matteo, VI, 34 Ossia non dobbiamo preoccuparci per gli eventuali mali futuri; basta rassegnarci a sopportare la croce quotidiana. In altre parole è l’antico nostro proverbio: "Non fasciarsi la testa prima d’averla rotta".
Suffucit diei malatia sua. Ad ogni giorno basta il suo male.
Summa ius summa iniuria. Estrema giustizia, estrema ingiustizia.
Summum ius, summa iniuria. Eccesso di giustizia, eccesso d'ingiustizia. Cicerone (De off., I, 10, 33) Quando l’applicazione delle leggi è eccessivamente severa, non si ha più un freno o un giusto castigo
Summum ius, summa iniuria. Massima giustizia, massima ingiustizia. Cicerone
Sunt lacrymae rerum. Vi sono lacrime per le nostre disgrazie. Virgilio (Eneide, I, 462) Sono parole di Enea al fedele Acate. Dando alla frase un senso diverso da quello virgiliano, si cita per dire che talora anche le cose inanimate sembrano piangere sulla infelicità dell'uomo.
Superflua non nocent Le cose in più non sono dannose. Sant'Agostino
Supremum vale. Addio per sempre. Ovidio (Metamorfosi, X, 62) Il Poeta mette la frase in bocca di Orfeo che perde per la seconda volta, e questa volta per sempre, la sua diletta Euridice. Nell’uso comune si adopera col significato di rinunziare a qualche persona o a qualche cosa per sempre e completamente.
Sursum corda! In alto i cuori! Si usa genericamente come esortazione a non lasciarsi abbattere o come generico incoraggiamento. Dal Prefatio della Messa latina.
Suscipe Domine lites infra clientes bene nummatos ac transigere nolentes, sicut nos, honeste, locupletari possimus. Suscita, o Signore, liti fra clienti danarosi e non disposti a transigere, così che noi si possa onestamente guadagnare.
Sustine et abstine. Sopporta ed astieniti. Epitteto
Sustineas tibi habitu esse similes, qui sint virtute impares. Sopporta che ti siano pari nella dignità quelli che sono inferiori a te per valore. Fedro È una filosofia molto necessaria per la tranquillità della vita. Fedro la deriva dalla favoletta delle Capre che, avendo ottenuto da Giove "l’onor del mento", cioè la barba, provocarono la gelosia dei caproni ritenendosi sminuiti nelle loro prerorative mascoline. Viene a proposito il proverbio: La barba non fa il filosofo
Sutor, ne supra crepidam! Calzolaio, non oltre la scarpa. Plinio (Storia Nat., 35) È la famosa risposta data dal pittore Apelle al calzolaio che, dopo aver criticato una calzatura d’un suo quadro, ne criticava anche altre parti per le quali non era affatto competente. Si ripete il proverbio all’indirizzo di persone che danno giudizi a vanvera, pur non avendo alcuna conoscenza specifica dell'argomento.
Suum cuique decus posteritas rependit. I posteri rendono a ciascuno il proprio onore. Il tempo è buon giudice, e mette in chiaro i meriti o demeriti di tutti gli uomini.
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